Alla giustizia non serve separazione carriere ma onestà che spinga la casta a riscoprire integrità e rispetto vittime
Alla giustizia non serve la separazione delle carriere ma la riscoperta dell’onestà da parte della casta che tale giustizia dovrebbe amministrare. Periodicamente riprende fiato il dibattito sulla separazione delle carriere di giudici e magistrati. Secondo i sostenitori tale fondamentale azione permetterebbe di avere maggiore indipendenza da parte del giudice nel corso del processo. Una questione di lana caprina, secondo me, perché la divisione tra chi accusa e chi giudica non si raggiunge con una norma bensì con l’onestà e il rispetto.
Se un giudice è una persona retta rispetterà incondizionatamente le parti nel corso del dibattimento. E lo farà a prescindere dai suoi rapporti personali con il pm che rappresenta l’accusa. Lo farà indipendentemente dal fatto che ogni giorno vada a pranzo con questo o quel magistrato nel locale a due passi dal palazzo di giustizia. O che si veda con lui la sera per l’aperitivo o per la cena. Sono proprio l’onestà e il rispetto i due valori portanti che, a mio modesto avviso, ha perso la maggior parte degli appartenenti alla casta giudiziaria. Individui che hanno dimenticato che a pagare il loro stipendio è proprio la gente comune attraverso le proprie tasse.
E che per tale ragione, essendo il loro datore di lavoro, ha il diritto di vedersi riconosciuta la giustizia quando ne ha bisogno. La casta non ha il diritto di ricevere onori e santificazioni per il sol fatto di svolgere il proprio mandato. Ha il dovere di lavorare e fare bene ciò che le viene demandato.
Casi di malagiustizia
Un magistrato che spinge ai limiti della prescrizione la denuncia di una vittima lasciandola nel cassetto non è onesto. Un pm che prende in giro l’avvocato della parte lesa raccontando falsità su presunte indagini che in realtà non ha mai incaricato non sta svolgendo il proprio lavoro. Un giudice che in udienza usa atteggiamenti arroganti o che si prende gioco delle vittime di un reato e del loro difensore non è integerrimo.
E se poi scrive sentenze o ordinanze fantasiose che nulla hanno a che vedere con le carte processuali non merita di continuare a svolgere quel lavoro. Un alto togato che interviene sui suoi colleghi per dare indicazioni su un determinato processo non ha niente a che fare con figure eroiche come Falcone e Borsellino. Come è facile supporre non è una norma che potrà raddrizzare queste pericolose e frequenti deviazioni.
C’è poco da aggiungere al quadro appena dipinto sullo stato della giustizia italiana (leggi casta) e soprattutto su chi la amministra e su chi ne fa parte
Ci chiediamo: perchè la magistratura competente (Messina o Ragusa) non apre un”inchiesta, onde verificare se ci siano stati omissioni o ritardi in atti d”ufficio in tutta questa vicenda ,e in caso positivo mettere i responsabili in gattabuia, e ciò onde fare piazza pulita di eventuali incompetenti, o peggio corrotti, e così impedire la ripetizione di tali fatti? Forse che il malcostume denunziato in alcuni settori giudiziari aretusei, secondo il “bubbone scoppiato da recente, ancora si annida in alcuni magistrati, che eventualmente non farebbero appieno il loro dovere, mentre non pare proprio che il loro organo (csm) di autogoverno a Roma funzioni sul serio, se è vero che a Siracusa aveva ritrasferito un magistrato addirittura già inquisito prima e allontanato, e ciò con decisione quanto mai improvvida, stando a certe informazioni?