Ha ancora senso celebrare il 25 Aprile perché libertà e democrazia muoiono anche imponendo il proprio punto di vista
A mio avviso ha ancora senso celebrare il 25 Aprile a distanza di 73 anni. Anzi, non solo è importante. Ma è anche doveroso ricordare quella data. Occorre, però, assegnarle il reale valore di cui è preziosa testimone. Ci hanno sempre insegnato che il 25 Aprile è legato al concetto fondamentale di libertà, pace, giustizia e democrazia.
E non possiamo non essere d’accordo dal momento che parliamo dei cardini su cui dovrebbe fondarsi il vivere civile. Qualcosa, però, mi lascia perplesso quando una parte pretende di impossessarsene a scapito degli altri. E soprattutto trovo allucinante che quella parte lo faccia usando gli stessi metodi che rinfaccia agli altri. È illogico che una parte tenti di imporsi agli altri pretendendo di limitarne la libertà. E che lo faccia in nome di un concetto distorto di democrazia. Per giunta calpestando la pace sociale, destabilizzando o minando il naturale corso della giustizia.
Ma è ancora più innaturale che a relativizzare quei valori sia proprio chi se ne erge, pro domo sua, a paladino dando agli altri del fascista. In fondo, la storia è lì ad insegnarcelo se solo avessimo voglia di ascoltare. Per trarne benefici, però, dobbiamo lasciare libera la testa di meditare sulle tante incongruenze su cui si basa la tesi dell’imperante pensiero unico massificato. Un mostro che tenta di obnubilare le menti.
Pertanto, a mio avviso, nel 2018 ha ancora senso celebrare il 25 Aprile. Perché bisogna restare vigili di fronte a qualsiasi rigurgito di impostura, da qualsiasi parte venga. La libertà e la democrazia non si sopprimono solo con le dittature militari o con il terrore. Si sopprimono anche pretendendo di imporre agli altri il proprio punto di vista.