La giusta rivolta contro chi ci deruba non passa più per l’indignazione ma serve una vera e propria insurrezione
La giusta rivolta contro chi ci deruba non passa più per l’indignazione ma serve una vera e propria insurrezione. Indignarsi a mio avviso non basta più. Qui bisognerebbe davvero passare alle vie di fatto. Un Tea party all’americana sarebbe solo una pagliacciata.
Una rivolta invece sarebbe quantomeno un buon inizio per spazzare questi elementi patogeni dalla vita del Paese e soprattutto dei cittadini. Mi riferisco ovviamente ai politici nostrani che altro non sanno fare che mettere le mani nelle nostre tasche senza alcuna vergogna.
E purtroppo la critica è rivolta a tutti indistintamente. Adesso c’è al governo il centrodestra, ma faccio presente che il primo vero taglio alla mia busta paga l’ha fatto il centrosinistra grazie a Bertinotti che impose il rifacimento degli scaglioni Irpef.
E se il bananone non me l’ha risparmiato la sinistra figuratevi cosa dovrò aspettarmi da questa destra. Le ultime trovate del ministro Tremonti per affrontare la crisi sono tassare di più le rendite finanziarie (fino al 20%), tagliare gli stipendi dei dipendenti pubblici, intervenire sulle pensioni di anzianità e su quelle delle donne nel settore privato, introdurre una sorta di diritto di licenziare.
Avete letto bene: uccidere definitivamente chi già fa fatica a mantenersi in vita. Dei loro conti non si parla affatto. Così come non c’è traccia di una volontà di eliminare i privilegi. Tra questi c’è per esempio il ristorante.
In quello di Palazzo Madama un piatto di spaghetti alle alici costa 1 euro e 60 centesimi. Il pesce spada alla griglia tre euro e 55. La realtà di lusso, simile situazione anche a Montecitorio, è stata svelata dal deputato dell’Idv Carlo Monai, attraverso il settimanale l’Espresso.
Giulio Tremonti, quando si dice che il limite al peggio non si trova mai, ipotizza inoltre di «accorpare sulle domeniche le festività». E di mettere in campo «una spinta alla contrattazione a livello aziendale, con il superamento del sistema centrale rigido».
Ma anche «il licenziamento del personale compensato con meccanismi di assicurazione più felici», una sorta di «diritto di licenziare». Perché sostiene il ministro, dopo aver gettato il sasso e nascosto la mano, «la Banca centrale europea ci ha anche chiesto tagli agli stipendi pubblici attraverso il licenziamento o la dismissione del personale compensato con meccanismi di assicurazione».
Poi, però, forse per pudore, aggiunge che «bisogna intervenire con maggior incisività sui costi della politica. Dobbiamo tornare sulla materia non solo sui costi dei politici, non solo su quanto prendono ma anche su quanti sono. C’è un effetto di blocco, di manomorta». Credo di essere sul punto rimpiangere l’Inquisizione.