L’eterna diatriba tra minoranza e maggioranza del Paese vede la maggioranza silenziosa ostaggio di una sparuta minoranza
L’eterna diatriba tra minoranza e maggioranza del Paese va in scena come uno stanco quanto noioso refrain. Oggi i migranti, ieri le famiglie arcobaleno, domani la coniugazione dei termini al femminile e così all’infinito. Normale dialettica democratica. Peccato che per anni una sparuta minoranza, seppur rumorosa, ha imposto il proprio punto di vista tenendo in ostaggio la maggioranza silenziosa di questo Paese.
E l’ha fatto grazie al supporto dei prezzolati media di regime e di politici a caccia di facile consenso. “Siamo un milione in piazza” urlavano trionfanti senza considerare che al conto mancavano gli altri 59 milioni che non acconsentivano sol perché tacevano. L’eterna diatriba tra minoranza e maggioranza del Paese ha imposto per lungo tempo un nugolo di presunti benpensanti, finti buonisti e pseudo terzomondisti spacciarsi per interprete dell’unico pensiero ammesso. Usando i termini fascista e xenofobo a mo’ di lettera scarlatta hanno calpestato quella democrazia di cui si dice garante.
Si è imposto come insostituibile tutore delle esigenze della collettività disegnando una realtà surreale a cui resta aggrappato nonostante venga continuamente smentita dai fatti.
La presunta missione solidale
L’eterna diatriba tra minoranza e maggioranza del Paese vede da anni questa minoranza vittima di una presunta missione solidale che le impedisce di vedere il sorriso sornione degli altri Paesi. Questi dapprima si sono adagiati fingendo di appoggiarli, poi se ne sono lavati le mani e infine si sono erti a dispensatori di pagelle e giudizi. Essere solidali, a mio avviso, non significa svuotare il mare con un secchiello. Non vuol dire farsi carico di tutte le disgrazie del mondo. Non impone di mettere da parte i sani principi del buon padre di famiglia. Perché in tal modo si sprecano risorse, si gettano inutilmente energie, non si raggiunge alcun obiettivo.
Al contrario si ottengono risultati diametralmente opposti a quelli auspicabili creando prevedibile malcontento e mettendo in moto una malsana guerra tra poveri.
Una comune politica Ue dell’immigrazione
La maggioranza degli italiani, che la solidarietà la conosce e l’ha sempre praticata e che è tutt’altro che xenofoba, chiede solo il buonsenso. Il buonsenso di collettivizzare un problema grave come l’immigrazione che un singolo Stato non può risolvere. Chiede di usare criteri che vadano oltre il concetto isterico di emergenza dietro il quale si nascondono solo le peggiori nefandezze. Se esiste un’Europa, che si chiama unita e solidale, composta da 28 Paesi il problema non può essere solo italiano. E non si risolve assumendo il ruolo di taxi al servizio dei trafficanti di esseri umani. Ma con una politica comune che abbia bene in mente quale debba essere la probabile o auspicabile soluzione a medio e lungo termine.
A modo loro Salvini e questo governo, magari anche sbagliando toni, stanno cercando di fare questo. L’augurio è che la loro politica – che gode della fiducia della maggioranza – non si limiti solo ai risultati elettorali di domenica scorsa per poi esaurirsi subito dopo i ballottaggi. L’auspicio è che proseguano finché i saurocrati di Bruxelles non si facciano promotori di un’azione comunitaria. In tal modo la sparuta minoranza mai contenta di questo Paese (molto spesso animata da intenti poco nobili) sarà costretta a sotterrare l’arma della xenofobia. E dovrà cercare qualche altro spauracchio o pretesto contro cui rumoreggiare ed ergersi nuovamente a paladino delle presunte istanze della maggioranza e della democrazia dando nuova linfa al pensiero unico massificato.