Senza cure 13 mln di italiani ma non si dice e non si dà loro parte delle risorse che gettiamo per l’immigrazione
Circa 13 mln di italiani sono senza cure, ma non si dice e non si offre loro l’opportunità di usufruire di una parte delle immense risorse dell’emergenza immigrazione. C’è da spaventarsi a leggere il rapporto 2017 ‘Donare per curare: povertà sanitaria e donazione farmaci‘, promosso dalla Fondazione Banco Farmaceutico.
E siccome i dati si riferiscono al 2015 c’è da temere che negli ultimi due anni la situazione non sia affatto migliorata. Ma ancora più grave è che nessuno dei grandi media affronti l’argomento. Essendo in periodo preelettorale è comprensibile che i media non abbiano alcuna intenzione di molestare il governo in carica con un argomento disdicevole. Ma non capisco dove siano tutti i presunti fautori dell’equità sociale.
Dove siano finiti tutti quegli pseudo benpensanti e terzomondisti che si battono (o fingono di farlo) quotidianamente per i poveri e per i bisognosi. Suppongo che siano così concentrati a pensare ai forestieri che non abbiano il tempo di vedere cosa accade ai loro connazionali.
Immagino che siano talmente presi dal preoccuparsi dei lontani che non riescano a dedicare un po’ del loro tempo ai vicini. Non hanno tempo di battersi per un’equa distribuzione di quel mare di risorse pubbliche che viene disperso (in qualche tasca) con la scusa dell’emergenza immigrazione che dura da 20 anni.
Così come non si battono affinché parte di quel denaro venga investita anche per chi non è straniero. O meglio per chi è forestiero in casa propria. E si dimenticano di quei milioni di anziani che hanno fornito il proprio contributo alla crescita di questo Paese. Per quei lavoratori che a causa della crisi non hanno i mezzi neppure per un’analisi del sangue.
Anche loro, a mio avviso, hanno diritto a prendere parte alla distribuzione di quelle risorse. Anche loro sono poveri, hanno bisogno e hanno diritto a una vita migliore. Ma loro non esistono per quella parte dell’opinione pubblica che pensa di essere migliore degli altri. E che tenta di imporre la propria visuale distorta della vita.