Giornalista e scrittore
 

I Webeti di Mentana e i radical chic

I Webeti di Mentana e i radical chic sapienti come lui che sanno solo insultare coloro che non la pensano come loro

I Webeti di Mentana e i radical chic sapienti come luiI Webeti di Mentana è un neologismo che mi piace nella misura in cui non diventa lo strumento dei tanti presunti soloni e de i radical chic per decidere chi ha il diritto di dire la sua. Di primo acchito mi verrebbe di applaudire Enrico Mentana per il suo neologismo webete. Ma, all’improvviso, l’orticaria mi assale. Così mi arrendo di fronte all’ennesima dimostrazione di supponenza dal sapore farisaico tipico del torpore massificante che caratterizza la pletora di radical chic, benpensanti, terzomondisti e buonisti.

Secondo il direttore del Tg della Sette i webeti sono ovviamente quelli che non la pensano come lui. Lui che è figlio di un giornalista e di una signora ebrea. Che è stato socialista negli anni della Milano da bere quando i socialisti comandavano per davvero. Che è ex giornalista Rai e Mediaset (dell’allora ‘socialista’ Berlusconi), secondo qualcuno, poi querelato, raccomandato di ferro. Probabilmente non lo sfiora il pensiero che possano essere webeti anche quelli che lo affiancano, lo osannano, lo incensano, fingono o la pensano come lui. E ci mancherebbe. Per questi signori non è normale chiedersi come mai per gli immigrati si cerchino case e sistemazioni e per i terremotati ci siano solo tende e container (vedasi, per esempio, il famoso modello Emilia).
E infatti, appena la domanda viene posta, ecco che si muove a pieno regime la bene organizzata macchina getta fango. Quella dei terzomondisti, radical chic, benpensanti e buonisti farisei. E la persona viene insultata, dileggiata, categorizzata, additata come webete o fascista e via discorrendo in base alla fantasia molto sviluppata dalla pletora di cui sopra. Dicono: “I 35 euro al giorno non vanno agli immigrati e vengono da fondi europei”. Certamente, lo sappiamo che i 35 euro vanno a quelli come Buzzi o a quelli che ridevano la notte del 6 aprile 2009 e ai loro amici di destra e di sinistra. E i fondi europei non sono forse soldi nostri? O li stampano in Cina?
E siccome la coperta è molto corta se vengono usati in un modo non si trovano per altro. Guardiamo, per esempio, il piano di sviluppo Juncker. Per rilanciare l’economia Ue è stato predisposto un investimento di 315 miliardi sulla carta. Che poi sono circa 21 e chissà quando saranno realmente a disposizione. Hanno cominciato a parlarne nel 2014. Sono passati due anni e ancora siamo alle chiacchiere. Di certo quei soldi, semmai arriveranno, sono una goccia. Gli Usa sono partiti con un piano analogo nel 2009. Ma hanno messo sul piatto circa 800 miliardi che stanno già dando frutti.
In fin dei conti se il Fmi dice che “il mondo è a tre velocità e l’Europa è l’ultima” una ragione ci sarà. Che valore aggiunto si ha buttando soldi per portare in Ue gente che resta ai margini? Che finisce spesso nelle more della criminalità o che tieni buttata davanti a un supermercato a chiedere l’elemosina o in casermoni a far niente? Tu cittadino perbene niente, ma gli amici degli amici si arricchiscono. Se invece investissi questi soldi per costruire progetti validi e duraturi nei Paesi di origine di questi sventurati forse contribuiresti a costruire un mondo migliore. Ma queste sono farneticazioni da webeti. Non stimolano discussioni (ma solo insulti) e non fanno scena come le battute ad effetto di chi crede di essere più intelligente degli altri.

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