Grillo ostaggio di Raggi e ratio politica perché in quanto sindaco di Roma non può scomunicarla come ha fatto con altri
Sul caso Roma, Grillo è senza dubbio ostaggio di Virginia Raggi e della ratio politica che lo spinge a non scomunicarla come ha fatto con altri primi cittadini. Infatti, un sospetto, una domanda e una considerazione assalgono lo spettatore medio nell’assistere alla vicenda Roma-Grillo-Raggi-MovimentoCinqueStelle.
Nonostante tutte le diatribe, i guai e gli inciampi che stanno caratterizzando l’amministrazione della Capitale non parla. Il vate Grillo continua a fingere che nulla di strano stia accadendo intorno e dentro al Campidoglio. E continua a difende la propria delfina Virginia. Pertanto la domanda sorge spontanea. Se Virginia Raggi non fosse il sindaco di Roma, ma di Frattammare troverebbe la stessa solidarietà e potrebbe contare sulla identica strenua difesa da parte del capo?
Per il sindaco di Parma, Federico Pizzirotti, e per la sindaca di Quarto Flegreo, Rosa Capuozzo, giusto per fare due esempi, c’è voluto molto meno per essere scomunicati. E per spingere il vate dapprima a scagliare contro di loro i suoi due bulldog Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. Per poi finire l’opera di demolizione con l’etereo Tribunale i cui giudici sono i socialgiacobini. Ossia coloro che compongono il popolo della rete tanto cara a Grillo e a Casaleggio.
Condendo il tutto con un’aura di democrazia e di legalità che Grillo pensa probabilmente di avere in esclusiva. Se dovessimo continuare a credere nell’alto valore educativo della storia verrebbe da pensare (e qui viene la considerazione) che il vate della democrazia e della legalità sia ostaggio della Raggi. Ma soprattutto della ratio politica che molto spesso fa passare gli interessi della gente in secondo piano. Perché, come diceva Seneca, chi opera politicamente non può esercitare la virtù.
