Giornalista e scrittore
 

Il capitolo 22 di Gioco mortale

Il capitolo 22 di Gioco mortale, come dice lo stesso titolo, descrive alcuni segreti inconfessabili della vittima scoperti dagli investigatori della squadra mobile durante le indagini

Il capitolo 22 di Gioco mortale

Segreti inconfessabili

Da il capitolo 22 di Gioco mortale

Mentre rifletteva su queste cose e in piccolo pensava alla sua condotta libidinosa, gli si accese una lampadina. Gli venne in mente che tra le carte degli investigatori doveva esserci molto di più di quanto fosse emerso fino a quel momento, neppure ufficiosamente.

Solitamente chi vive la lussuria alimenta il proprio ego esibendosi, così come in fondo fanno anche, se non di più, i cosiddetti normali che alle foto e ai filmini sui cellulari non rinunciano. Figurarsi se non lo fa chi davvero ha la possibilità di vivere una spanna sopra gli altri. Non fosse altro che per la possibilità di realizzare certe cose che ai più sono precluse. Così si ripromise di sentire quelli della Mobile. Voleva chiarire questo aspetto quanto meno per curiosità personale. In fondo, quel materiale, giochi compresi, nulla avrebbe aggiunto alla storia se non una dose massiccia quanto inutile di morbosità. E, anzi, avrebbe acceso una luce sinistra su un mondo che nulla in realtà aveva di cui vergognarsi rispetto a quello che si professa “normale”. Immaginava il playboy come un emulo del marchese De Sade perché, a suo modo di pensare, a determinati livelli non ti accontenti di vivere certe emozioni ma le devi fare tue con un tocco in più. Quando hai visto e vissuto di tutto e rischi di restare vittima dell’ennui, come raccontavano i decadentisti, se non vai oltre un certo limite sconosciuto ai comuni mortali non hai più alcuna soddisfazione; secondo Charles Baudelaire la realtà è quella che si nasconde dietro l’apparenza.

Come scriveva il filosofo e letterato francese Donatien Alphonse Francois De Sade «la libertà ha luogo solo nei libertini» e se li devo «sfortunatamente descrivere aspettati perciò particolari osceni, e scusami se non li taccio. Ignoro l’arte di dipingere senza colori; quando il vizio si trova alla portata del mio pennello, lo traccio con tutte le sue tinte, tanto meglio se rivoltanti; offrirle con tratto gentile è farlo amare, e tale proposito è lontano dalla mia mente». Così scriveva in una lettera rimarcando che «sì, sono un libertino, lo riconosco: ho concepito tutto ciò che si può concepire in questo ambito, ma non ho certamente fatto tutto ciò che ho concepito e non lo farò certamente mai. Sono un libertino, ma non sono un criminale né un assassino».

Chissà cosa avevano trovato nell’armadio gli investigatori e chissà perché l’avevano tenuto nascosto evitando di darlo in pasto all’opinione pubblica pseudo perbenista, come la volpe con l’uva. Dopo il colloquio con la signora Luce i giornalisti si separarono per fare ritorno alle rispettive redazioni portando con loro qualche battuta della donna che poco aggiungeva al quadro che avevano, a parte l’aver rimarcato quanto fosse antipatico e altezzoso l’indagato.

«Sei contento del colpaccio di oggi?» rispose il capo della Mobile avendo riconosciuto il numero del giornalista.

«Certo, e come vedi hai ottenuto l’obiettivo di fare un gran casino più di quanto questa storia già non lo sia» gli disse con un esplicito riferimento all’aspetto gaudente della vicenda.

«Cosa vuoi ancora da questo povero Cristo che non riesce neppure più a mangiare? Per tua conoscenza faccio presente che ho risposto solo perché sei tu. Come immaginerai oggi sono stato martoriato dai tuoi colleghi» si lamentò il poliziotto che aveva ancora posto per il pranzo nonostante la luculliana cena della sera prima.

«Ci sono delle cose che non mi sono chiare e ho bisogno di te».

«Come al solito».

«Riconosco che hai una grande qualità nell’essere scedda».

«Dai, coraggio, altrimenti non riesco neppure a pranzare».

«Giusto per mia curiosità personale, ma in casa di Masoni cosa avete trovato di così tanto peccaminoso da non avere avuto neppure il coraggio di raccontarlo?».

«Non capisco di cosa tu stia parlando».

«Non fingere, almeno con me. Mi riferisco a giochi sessuali e a foto o filmati che sono sicuro ci fossero, avendo capito i gusti della vittima».

«Da vero intenditore, mi ero meravigliato che ancora non mi avessi rivolto questa domanda» gli rispose come se stesse aspettando una sorta di lasciapassare per liberarsi da un peso.

«Solo una logica supposizione» aggiunse il cronista fingendo di non capire a cosa realmente mirasse l’interlocutore.

«Adesso non vorrai fingere tu con me perché sai a cosa mi riferisco e, anzi, non mi meraviglierei se qualche sera tu e Masoni aveste partecipato alla stessa orgia considerati i gusti comuni che avevate» disse esplicitamente il primo dirigente.

«Dipende da cosa avete trovato. Se si tratta di donne non maltrattate ma festeggiate, posso anche condividere, se ci sono rapporti omosessuali o, peggio ancora, con bambini o animali mi dissocio completamente e nettamente, senza se e senza ma» mise subito le mani avanti il cronista.

«E fai bene a dissociarti…» fece appena in tempo a riferire il poliziotto prima di essere interrotto…

Se ti è piaciuto quanto hai letto ne il capitolo 22 di Gioco mortale acquista una copia del giallo