Se alla Reggia il lavoro è un brutto virus dato che i sindacalisti combattono chi pensa di guadagnarsi lo stipendio
Non è un buona cosa se alla Reggia il lavoro è considerato alla stregua di un brutto virus. La barca solitamente è la stessa, ma evidentemente ci sono barche meno stessa delle altre.
Non importa se lavori e ci metti esclusivamente del tuo per portare soldi in cassa a beneficio di tutti. Se cerchi la salvaguardia dei posti di lavoro che altrimenti verrebbero ridotti. Per i sindacalisti della Reggia di Caserta non funziona in questo modo.
Se il neo direttore Mauro Felicori decide di lavorare più degli altri senza pesare su chi gli sta intorno è un problema e va bloccato. Ricorda un po’ il comportamento mafioso. Un esempio virtuoso va stroncato sul nascere per impedire che lo facciano altri. Se questo bolognese lavora troppo può propagare un pericoloso virus che rischia di infettare tutti.
Che la vita è difficile, stanca, fa sudare e non bisogna assecondarla in questo brutto crinale. Probabilmente è questo il senso di quel mette «a rischio l’intera struttura!». I sindacalisti della Reggia di Caserta lo hanno messo nero su bianco in una lettera di protesta. L’hanno scritta non per redarguire un fannullone. Ma per manifestare il proprio disappunto nei confronti di un lavoratore. Un lavoratore che come unica colpa ha la volontà di mettere tutti i dipendenti nella condizione di guadagnarsi il proprio stipendio.
L’unico peccato reale in questa vicenda è la scarsa convinzione di Cgil-Cisl-Uil nel condannare i loro rappresentanti. E così facendo danno adito a chi da sempre li accusa (e forse non a torto) di difendere i fannulloni. Di essere un covo di mangiapane a tradimento.