Bellomo e i suoi tanti amici della casta tra molestie ad aspiranti magistrate, tangenti, corruzione, prostitute e altro
Oltre a Bellomo e i suoi amici e compari sono davvero tanti gli esempi poco gratificanti della casta. Sono davvero molti e secondo le cronache si sarebbero resi protagonisti di uno spettacolo a dir poco edificante. Ma, soprattutto, limano ulteriormente la già scarsa fiducia che si può riporre nella magistratura. Ci sarebbe, per esempio, il giudice civile di Salerno, Mario Pagano. Lo hanno arrestato con le accuse di associazione per delinquere e corruzione in atti giudiziari. Pare che abbia favorito amici imprenditori in cambio di tangenti e orologi di lusso. Ma anche finanziamenti a una società sportiva e a un agriturismo a lui riconducibili.
Oppure il pm di Nocera Inferiore, Roberto Lenza, sospettato di violazione di segreto d’ufficio. Dicono che abbia rivelato informazioni su alcune inchieste dell’ufficio giudiziario dove presta servizio. O la (ex) giudice onoraria, Augusta Villani, accusata di complicità con Pagano. Oppure il giudice della fallimentare, Maria Elena Del Forno, che avrebbe spifferato un’offerta ai creditori di un fallimento. E avrebbe fatto pressioni sul curatore fallimentare.
E prima di loro c’è stata la gip del Tribunale di Vicenza, Cecilia Carreri, che secondo le cronache risultava in malattia per l’ufficio ma in salute per fare la velista. Senza dimenticare Giuseppe Caracciolo, magistrato originario di Lecce, in servizio alla Corte di Cassazione, che dicono sfruttasse la prostituzione. Purtroppo, pare che siano davvero tanti gli esempi che puntano una luce sinistra su Bellomo e i suoi tanti amici della casta.
il lodo mondadori
E, andando indietro nel tempo, prima che ancora Bellomo e i suoi amici assurgessero agli onori delle cronache ce ne sono stati molti altri di esempi fiore all’occhiello della casta di giudici e pm. Per esempio, torna alla mente Vittorio Metta. E’ il giudice della Corte d’appello di Roma che nel gennaio 1991 scrisse la sentenza a favore di Berlusconi per la Mondadori. Lo stesso giudice che negli anni Novanta con una sua sentenza costrinse l’Imi (ovvero gli italiani) a risarcire con 980 miliardi di lire l’industriale Nino Rovelli.
Ma dopo scoprimmo, come ha sancito la Cassazione nel 2006, che quella sentenza fu ‘comprata’. Pertanto sono stati condannati in via definitiva Metta, gli avvocati Previti, Pacifico e Acampora e gli eredi di Nino Rovelli per corruzione in atti giudiziari.
l’ammazzasentenze
E che dire del famoso, ahinoi, ammazzasentenze? Quel Corrado Carnevale che faceva a pezzi tutte le sentenze di mafia in qualità di presidente della prima sezione penale della Cassazione. In una conversazione con l’avvocato Giovanni Aricò, l’8 marzo 1994, Corrado Carnevale sparava alzo zero su Falcone. Infatti diceva: “I motivi per cui me ne sono andato non sono quelli di pressione di quel cretino di Falcone… perché i morti li rispetto, … ma certi morti no”.
E di Francesca Morvillo diceva: “…Io sono convinto che la mafia abbia voluto uccidere anche la moglie di Falcone che stava alla prima sezione penale della Corte d’Appello di Palermo per farle fare i processi che gli interessavano per fregare qualche mafioso”. E molti, tanti altri, certamente sono sfuggiti a questo elenco già drammatico.
i moralizzatori
Dunque, nel bel mezzo del dibattito su Bellomo e i suoi tanti amici giudici e pm, rappresentanti della casta, la domanda è più che lecita. Sarà questo il vero volto dei moralizzatori del Paese? Di coloro che si vantano di aver cambiato l’Italia e di essere immuni da errori se c’è stata una mutazione genetica della politica? Di coloro che si assurgono a baluardo della giustizia? Sono forse il consigliere di Stato, Francesco Bellomo, e il suo compagno di merende Davide Nalin ciò che si nasconde davvero dietro a quella che oggi appare come l’unica casta che tiene sotto scacco il Belpaese? Sono loro e i loro colleghi i magici e sapienti traghettatori verso un’Italia migliore?
O sono forse l’immagine di ciò che siamo veramente? O magari il delirio di onnipotenza li ha involuti? Se le accuse nei loro confronti verranno accertate, al loro confronto il signor Harvey Weinstein apparirà innocente come cappuccetto rosso nella nota fiaba. Nel frattempo, per Bellomo lo stesso organo di autogoverno del Consiglio di Stato, Cpga, ha optato per la sanzione definitiva della rimozione.
bellomo e l’eugenetica
Incredibili i fatti che vengono contestati ai due magistrati e in particolare a Bellomo, secondo l’accusa il dominus dei corsi di formazione per chi aspirava a far parte della casta. Come scrive Il fatto quotidiano: “Il borsista è vincolato alla fedeltà nei confronti del direttore”. “La scelta del partner (del borsista, ndr), applicando i dettami della teoria della selezione naturale, deve cadere sul soggetto che presenta le caratteristiche più vantaggiose. La preferenza deve essere dunque accordata al soggetto più dotato geneticamente”.
Hitler in confronto appare come un apprendista stregone. E ancora: “La negazione dei criteri scientifici porta come inevitabile conseguenza che l’operatore orienti le proprie scelte verso il modello rispettivamente del fidanzato sfigato e della donna oggetto”. Senza dimenticare che “il borsista decade automaticamente non appena contrae matrimonio”. E siccome il delirio di onnipotenza aveva raggiunto livelli parossistici, emerge che il giudice Bellomo gettava in pasto all’opinione pubblica le donne che costringeva ad avere relazioni con lui.
Lo faceva, secondo le accuse, attraverso la sua rivista ‘Diritto e scienza’ nella quale riportava le vicende personali di una borsista indicata con nome e cognome. Ne descriveva gli incontri con un suo fidanzato, i luoghi dove avvenivano questi incontri, anche di natura sessuale, e tutta una serie di particolari intimi. Di lei Bellomo scrive: “È vero, lei ha evidenti limiti che l’addestramento non ha risolto. Ma dell’immensa quantità di donne che ho avuto, peraltro di elevata qualità media, lei è stata una delle poche, se non l’unica, a non avermi fatto sentire solo. Se perderla è il prezzo che pago per le pubblicazioni, è alto. Mi consolo con l’utilità didattica che hanno avuto. Lo sviluppo palesato dagli allievi, costretti ad applicare categorie scientifiche ad una storia di vita, è stato eccezionale”.
In una denuncia nei suoi confronti, riportata dal Corriere della Sera, si legge: “Ricordo una volta che Bellomo si è arrabbiato perché ho indugiato a mandargli una mia foto intima. Non era la prima volta che me le chiedeva. Gliene avevo inviate altre. Subito dopo è intervenuto Nalin chiedendomi perché non volessi rispettare i patti con il consigliere”. Secondo le accuse, il collega Nalin, che si occupava di femminicidi e di altri reati contro le donne, si dava da fare affinché Bellomo venisse accontentato da quelle che evidentemente venivano individuate come geishe.
Intervistato, Bellomo ha detto: “Non posso raccontare i fatti, perché sono tenuto al silenzio, ma non sono come li hanno descritti. Anche se lo fossero però sarebbe solo una vicenda di costume”.
il silenzio della casta
Ora c’è da porsi alcune considerazioni. Intanto non sarebbe male capire come mai lo scandalo sia scoppiato solo adesso dato che i resoconti giornalistici farebbero pensare a un sistema rodato negli anni. Ci si dovrebbe chiedere come mai l’Anm nulla dice sulla vicenda. E in particolare il suo ex presidente Piercamillo Davigo che qualche tempo addietro era a fare convegni al fianco di Bellomo. Infine, sarebbe interessante comprendere con quale levatura morale le ex corsiste che hanno accettato e supportato il sistema Bellomo si apprestino a giudicare il prossimo.
Ma, soprattutto, con quale fiducia ci si può rivolgere a un organo che dimostra spesso di non essere il garante della legalità. E sono davvero molte le sentenze che spingono ad urlare vendetta e che fanno venire meno la fiducia nella giustizia. D’accordo il libero arbitrio del giudice, ma leggere e interpretare le prove al contrario di quello che dimostrano non è segno di democrazia, ma certezza di poter applicare la legge come meglio si crede (spesso nell’interesse di una parte) senza il pericolo di doverne dare conto. Da qui la necessità di un organo terzo che controlla il lavoro di giudici e magistrati e commina pene in base agli errori. Hai interpretato le prove in maniera oscena? Qualunque sia la ragione, stai tre mesi a casa senza stipendio.
Forse non è il modo migliore per fermare la pericolosa deriva verso la quale l’ingiustizia sta pericolosamente spingendo (il far west è davvero alle porte e di casi ce ne sono stati molti), ma intanto si cominci. E via facendo altri rimedi più efficaci verranno certamente in soccorso.
Egregio signor Gasparotto,
intanto le confesso che non sono neppure certo che lei esista per davvero dato che la rete del nome che ha usato non parla. La differenza, sostanziale, tra me e lei è che io ci metto la faccia e lei invece no. Ma, come sempre, non essendo depositario della verità, potrei anche sbagliarmi e sono pronto a ricredermi. Detto ciò, la ringrazio di essere venuto a visitarmi. Fa sempre piacere scambiare pareri in maniera civile e democratica. Devo, però, notare che se ho scritto falsità sull’allora giudice Carreri sono in grande compagnia visto che tutti i media ne hanno lungamente parlato a suo tempo; pertanto di eventuali citazioni per diffamazione – come lei velatamente minaccia – dovrebbero essercene davvero parecchie anche se non mi risulta. Infine, la ringrazio per l’invito a leggere il libro, ma non capisco cosa dovrei aggiungere alla mia scarsa conoscenza dei fatti, come lei accusa, dal momento che ciò che lei caldeggia è stato scritto proprio dalla parte in causa. Dovrebbe sapere meglio di me che uno che vende maglioni non mi consiglierà mai di acquistare una polo. Sarebbe, senza voler fare alcun paragone (ci mancherebbe), come se io leggessi un libro di Totò Riina o di Giulio Andreotti per capire come sono andate le cose in Italia quando comandavano loro.
La saluto con immenso affetto e mi auguro che lei legga per davvero uno dei miei gialli, del resto in ebook costano anche relativamente poco. Magari ci troverà degli errori e sarebbe per me cosa gradita ricevere una critica costruttiva.
Caro Cesario Picca,
forse sei un grande scrittore di gialli ma quando scrivi di qualcuno in termini negativi di qualcuno informativi altrimenti rischi una denuncia per diffamazione. Nel tuo articolo citi la giudice Cecilia Carreri rea, secondo il tuo parere, di essere andata in barca a vela mentre era in malattia. La vicenda vecchia di oltre 10 anni e ormai stato appurato essere un falso mediatico. La giudice è ormai chiarito che risultava essere regolarmente in ferie nel periodo citato e si era dimessa dalla magistratura per la forte pressione psicologica esercitata dai superiori. Era nota per la sua integrità e onestà Vista la tua scarsa conoscenza ti invito a leggere il libro scritto dalla stessa ex giudice ” Non c’è spazio per quel giudice- Il crac della banca popolare di Vicenza”.
Potresti trarne giovamento e scrivere con meno superficialità