Giornalista e scrittore
 

L’Economist sostiene l’Ue che preferisce i governi tecnici

L’Economist sostiene l’Ue che preferisce i governi tecnici perché sono incapaci di difendere gli interessi del Paese

L'Economist sostiene l'Ue che preferisce i governi tecnici

L’Economist sostiene l’Ue che a sua volta preferisce i governi tecnici perché, probabilmente, incapaci di difendere gli interessi del Paese. Trovo di una gravità inaudita che qualcuno ci venga a spiegare o ad insegnare come dovremmo comportarci in casa nostra.

È un’entrata a gamba tesa e quindi da espulsione quella dell’Economist sulla presunta e sua personale necessità per l’Italia di ricorrere a un governo tecnico. L’uscita del periodico britannico dimostra comunque l’ignoranza e la siderale distanza dai fatti che hanno caratterizzato il nostro Paese negli ultimi anni. Uno Stato molto sfortunato e autolesionista in quanto a capacità di scegliere male chi mandare al governo.
L’impressione, a voler pensare male, è che un governo tecnico faccia molto comodo ai saurocrati nazi-diretti di Bruxelles. Un governo incapace di opporsi ai diktat Ue. Incapace di difendere gli interessi dei propri concittadini, incapace di alzare la testa, incapace di dire no, incapace di criticare. Non bisogna andare molto lontano per dimostrare la veridicità di questa tesi. Negli ultimi anni l’Italia ha avuto la grande sfortuna di essere governata da un professore. Un tizio che si è dimostrato un vero incapace alla testa di un manipolo di incapaci in grado di fare solo danni.
A costoro non è stato necessario attendere il contributo della storia per avere un giudizio impietoso perché la cronaca lo ha dimostrato ampiamente. Con tutti i suoi difetti, che piaccia o meno, bisogna dare atto che l’attuale presidente del Consiglio, Matteo Renzi, non ha mai avuto remore a dire ciò che pensava.
Non ha avuto remore a dire No ai diktat filonazisti. Non ha avuto timore di criticare ciò che non va bene e che è sotto gli occhi di tutti. O almeno così pare. Ed è probabilmente anche questo ad aver spinto qualcuno ad armare l’Economist con questa bordata sul referendum.

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