Giornalista e scrittore
 

Il bullismo e la diseducazione radical chic

Il bullismo e la diseducazione radical chic di Serra che scorda chi fa licenziare i prof scomodi o paga un’altra scuola

Il bullismo e la diseducazione radical chic triste di Serra

Tra il bullismo e la diseducazione radical chic triste di Serra c’è praticamente un abisso di sfumature. Non si è bulli e non si picchia solo perché ignoranti. Così come non si fa del male ai professori scomodi o coraggiosi con le botte ma semplicemente pagando per farlo licenziare o trasferireo tacere. Lo ammetto: parto prevenuto quando parlo di Michele Serra. Perché a mio avviso è colui che incarna in maniera autorevole il deleterio concetto di radical chic, terzomondista, benpensante e fariseo.

Non l’ho mai apprezzato proprio per quel senso di falsità che ho sempre annasato nelle sue parole e nei suoi gesti. Del resto, mi sono sempre chiesto cosa ne sa uno della realtà stando sopra un’amaca, simbolo di inerzia per eccellenza. Difficile conoscere quando non ci si sporca le mani lavorando la terra o trasportando mattoni e calcina. E al contrario dei presunti democratici che vorrebbero silenziare chi non la pensa come loro, sono tra quelli che pretendono che gente così parli. Perché in tal modo viene fuori l’infima pochezza.
In questi giorni divampano le polemiche sul bullismo e su quanto ha sostenuto Michele Serra in un suo memorabile intervento su Repubblica. Figlio di due contadini, trovo a dir poco offensivo quanto ha sostenuto l’uomo dell’amaca. I miei poveri genitori sapevano che crescere un figlio è un grosso sacrificio. Ma non hanno mai abdicato al ruolo. E mi hanno insegnato l’educazione e il rispetto per gli altri e per le regole. Semmai erano proprio quelli che ‘abitavano’ ai livelli superiori al mio che dimostravano di essere molto indietro su quei valori fondamentali.
I miei genitori non hanno mai aggredito un professore o un preside quando erano costretti a mettermi una nota in condotta. Al contrario mi punivano come era giusto che facessero. E non subivo le note perché maleducato, come ebbe a dire in una circostanza il mio maestro delle elementari. Ma perché ero un ragazzino molto vispo, vivace e creativo. Non ho mai picchiato gli altri perché volevo fare il capo. Ma sol perché mi difendevo da chi voleva fare il bullo. Ai miei tempi, infatti, non ti lamentavi con mamma e papà del bullo di turno. Lo affrontavi e se eri più capace lo mettevi ko. E così facendo ho imparato a difendermi da solo e a non arrendermi mai.
Non avevo bisogno dello psicologo ma di lavorare duramente. Perché, come mi insegnavano mamma e papà, volere è potere. Forse fatica non è sempre sinonimo di successo, ma fare è meglio che stare a guardare. Quantomeno non è la recriminazione a farla da padrona ma la consapevolezza di aver dato il meglio di me. E ora cosa dovrei rispondere a Serra quando dice che «il livello di educazione e di rispetto delle regole è direttamente proporzionale al ceto sociale di provenienza»?
Cosa dovrei rispondere a Serra quando scrive che «il popolo è più debole della borghesia. E quando è violento è perché cerca di mascherare la propria debolezza. Come i ragazzini tracotanti e imbarazzanti che fanno la voce grossa con i professori per imitazione di padri e madri ignoranti, aggressivi, impreparati alla vita»? Dico che forse ha ragione. Perché è vero che quelli benestanti come lui, i borghesi come lui, non picchiano i professori o il preside.
Loro vanno dal provveditore e li fanno licenziare! E se proprio non ci possono arrivare pagano al figlio un’altra scuola che si pieghi ai suoi desiderata, mica il contrario. Quelli come lui non devono insegnare ai figli le regole perché le fanno su misura per loro. Proprio triste e poveretta la dissertazione sul bullismo e la diseducazione radical chic di Serra.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *