Il discorso che non avrei mai voluto leggere dopo la tragedia anche se l’amore per le persone importanti va oltre morte
Il discorso che non avrei mai voluto leggere e che purtroppo una tragedia mi ha imposto insieme all’immenso dolore che mi sta lacerando mortalmente. La tragedia ha sconvolto le nostre vite una calda mattina di novembre. Godiamoci questo bel sole perché a Bologna è già inverno e c’è la nebbia. Così ti avevo detto mamma mentre superavamo Bari.
Il viaggio della speranza di un cuore ‘normale’ per te mamma e della gioia di stare insieme a Bologna, come tante volte avevamo fatto, si è interrotto tragicamente contro un camion.
Vi ho pianti in solitudine in quella valle di lacrime che per me è stata Foggia. Pregando e credendo nel miracolo. E oggi siamo qui in tanti, perché in tanti vi hanno voluto e vi vogliono bene e vi hanno rispettati. Dovremmo essere qui per sancire un doloroso distacco. Per annunciare una irrimediabile fine. E invece no. Già la nostra fede ci dice che così non sarà.
Materialmente le tombe in cui vi seppelliremo tra poco sono inutili, in quanto non possono ripagare della perdita della vita. E soprattutto della vostra perdita. Ma da un punto di vista sentimentale esse permetteranno la sopravvivenza. Perché perpetuano i legami affettivi. Perché come dice il Foscolo “non vive ei forse anche sotterra, quando/gli sarà muta l’armonia del giorno,/se può destarla con soavi cure/nella mente de’ suoi?”. E io, come tanti altri qui presenti, vi terremo vivi nei nostri ricordi, nei nostri cuori, nei nostri pensieri, nei nostri discorsi, nei nostri gesti quotidiani.
Per il Foscolo i Sepolcri non hanno solo un valore privato. Hanno anche un significato civile e patriottico. Perché sono ispiratori di valori. “A egregie cose il forte animo accendono/l’urne de’ forti” in quanto tramandando le gesta dei grandi, spingono ad emularli. E voi, mamma Antonia e tata Francesco, per me siete stati tanto grandi.
Per i valori che mi avete insegnato. Valori che sono parte di voi e dunque immortali. Per l’amore che mi avete regalato e che mi terrà per sempre legato a voi. Per la forza che mi avete dato per non arrendermi mai. Neanche davanti alle disgrazie. Neppure davanti a questa disgrazia.
Mamma, tata, lo so che siete accanto a me. E che lo sarete sempre. Avrei preferito avervi fisicamente. Avevamo progettato di fare ancora tante cose insieme. Piccole cose. Come continuare a ridere, a scherzare, a confrontarci, a discutere, anche ad arrabbiarci. O prepararvi una crostata con la marmellata di fichi fatta insieme. Ma anche cose più grandi. Avrei voluto fare insieme a voi ancora qualche viaggio. Mi sarebbe piaciuto portarvi a Gerusalemme. Avrei voluto portarvi a New York. Avrei voluto vivere insieme a voi l’ebbrezza dell’estate in pieno inverno. Progetti di cui avevamo parlato tante volte io e voi.
Ma l’Onnipotente ha voluto diversamente. Rispetto la sua volontà. Anche se in questo momento mi pare tanto oscura. Forse anche illogica. E allora proverò ad abituarmi all’idea di avervi lo stesso accanto. Anche se in un’altra forma. Perché voi ci siete.
Perché solo sapendo che voi ci siete mi aiuterà a trovare la forza di andare avanti. Di andare avanti anche per voi che mi avete insegnato tanto. Che vi siete sacrificati per farmi crescere. Che mi avete inculcato valori fondamentali che mi hanno permesso di arrivare fin dove sono arrivato. Ben consapevole che tanto altro mi resta da fare. Avrei voluto fare quel tanto altro con voi materialmente al mio fianco.
Lo farò con voi che spiritualmente non mi abbandonerete mai. Perché se Il Foscolo, mamma e tata, parlava del sole. Io dico che “finché la luce dell’Onnipotente risplenderà su le sciagure umane” la fatalità della morte e la caducità della vita non segneranno la triste fine. Ma canteranno un inno alla vittoria della vita sulla morte e alla superiorità dello spirito sulla materia.
E allora mamma io mi ricorderò per sempre l’appellativo di sambuca. Quello che avevamo coniato qualche sera fa a casa di Pippi Biondo. Che da lassù rideva insieme a noi. Perché ci faceva divertire tanto pensare a te che con una mano divoravi un vaso enorme di nutella e con l’altra bevevi al collo di una bottiglia di sambuca. Tu che non eri particolarmente golosa e non hai mai bevuto un alcolico in vita tua. E ci guardavi perplessa ridendo e pensando a che figlio matto che avevi.
Di te tata ricorderò le tante cose fatte insieme. Come la malattia debellata insieme. O le cose fatte quando ho acquistato la casa di Bologna. Quando insieme montavamo i mobili. Non mi eri di grande aiuto. Ma mi era sufficiente averti accanto. Come quella volta che insieme, in una soleggiata giornata invernale, ci siamo fermati in riva al mare. Per goderne il profumo e farci coccolare dal rumore delle onde. O i sette giorni trascorsi insieme in ospedale a Foggia a fare progetti, a chiacchierare, a ridere nonostante la tragedia. Tragedia che tu babbo non conoscevi fino in fondo.
Mamma e tata, vi chiedo di non privarmi del vostro sguardo premuroso. Del vostro amore puro e avvolgente, della vostra presenza rassicurante. E io, come mi avete sempre insegnato, non mi arrenderò. E lo farò anche per voi.
A te Padre Onnipotente, a te Madre Celeste, a voi angeli e santi tutti di Dio chiedo di essere pazienti. Di essere pazienti quando il babbo Francesco e la mamma Antonia verranno da voi, anche molestandovi, per chiedere che il vostro sguardo misericordioso si stenda su di noi che vi temiamo.
Non avrei mai voluto leggere un discorso così doloroso come lancinante è il male che l’assenza dei miei amati genitori mi causa ogni giorno anche a distanza di tanto tempo. Perché il trascorrere delle stagioni aiuta solo a lenire il dolore che la perdita delle persone care ci instilla nell’anima e da lì non lo tira più fuori. Una dolorosa ferita che ci accompagna per sempre e che un discorso così lancinante, che non avrei mai voluto leggere, fa inevitabilmente risanguinare.
Simona non ho parole. Ho appena letto il tuo post e ho il sangue gelato nelle vene. Penso alla tua tragedia e piango anche per la mia che non è per nulla sopita e credo mai lo sarà. Ti farai tante domande, ti chiederai tante cose, ti ripeterai all’infinito se hai fatto tutto quello che potevi o meno. Ma non troverai risposte. Io perlomeno non ne sto trovando e forse mai ne troverò. Non aggiungo altro Simona. Il resto te lo dirò a voce. In privato
Ciao Cesario, stamattina ho voluto scrivere a te forse per condividere con qualcuno che so che può capire quello che sto provando…il mio papaà è morto ieri mattina. Se lo sono preso così, proprio mentre eravamo a casa mia a festeggiare tutti insieme il mio 40° compleanno, ha avuto, pensano, un piccolo infarto, si è accasciato a terra sbattendo la testa. La corsa in ospedale, attimi indescrivibili e poi, dopo due giorni se ne è andato. Ma perchè in un modo così crudele??? Perchè? Vorrei avere un quarto delle fede che vedo ti accompagna sempre, incrollabile, come nei momenti terribili che hai vissuto…E invece sono disperata e vuota…
A te e alle persone con cui trascorrerai questo giorno, Buona Pasqua.
Simona
Grazie Simona. Grazie di cuore. E’ dura, ma non mi arrendo.
Caro Cesario…ho saputo soltanto ieri e credimi non riesco a smettere di pensare alla tua immane tragedia che, solo in piccola parte posso capire perchè mio padre è stato in coma un mese poco meno di 3 anni fa, proprio in seguito ad un incidente avuto insieme a mia madre. Ricordo l’angoscia assordante di quelle ore, il senso di impotenza e la paura. Davvero non so cosa dire, non riesco a trovare parole e forse, neppure la fede incrollabile che, vedo, ti sostiene. Sappi solo che ci sono, ti sono vicina nei pensieri, nelle parole e dal profondo del cuore. Quando tornerai a Bologna, se ne avrai voglia, chiamami, così parliamo un po’…
Un abbraccio forte e stretto, stretto, coraggio!!!