Giornalista e scrittore
 

Dopo Lavagna meno like e più educazione

Dopo Lavagna meno like e più educazione perché la vita vale di più se genitori capissero che spetta a loro educare

Dopo Lavagna meno like e più educazione per i figli

Dopo la tragedia di Lavagna sarebbe opportuno pensare meno ai like e di più all’educazione dei figli. Perché la vita avrebbe più valore se i genitori capissero che l’educazione è un compito che non si demanda ma spetta a loro. Sulla morte di un adolescente non si dovrebbe mai speculare. Ma partire da un tragico episodio come quello di Lavagna per riflettere su ciò che si è sbagliato e magari cercare un rimedio sì.

Chi dice che “con le droghe leggere liberalizzate oggi avremmo un ragazzino vivo” probabilmente ha finito di litigare con il cervello. Ha perso il numero del proprio analista e pensa di auto curarsi facendo incetta di like su Facebook. Perché se dovessimo ragionare in questo modo dovremmo non punire più chi delinque per paura di un gesto estremo. E siccome con i se e con i ma non si fa la storia, possiamo usare ciò che è stato per smontare la riflessione dei cacciatori di consenso sui social.
Ci siamo detti la stessa cosa con i brutti voti a scuola. Che non erano etici, che non aiutavano a crescere, che erano inutili. E ora ci ritroviamo studenti che non conoscono neppure l’italiano. Non solo non leggono un libro ma non aprono neppure quelli di testo. Non danno il giusto peso al lavoro e al sacrificio, uccidono i genitori perché sgridati per il pessimo andamento scolastico. Ragazzini che si tagliano le vene prima di una verifica perché impreparati. Che delinquono senza neppure rendersi conto delle conseguenze a cui vanno incontro perché vivono la vita come se fosse un videogioco.
Gli stessi genitori si prodigano per fare pure la telefonata del finto allarme bomba per evitare ai propri pargoli di fare brutte figure a un’interrogazione. Ci siamo detti infinite volte che fare video sexy e poi renderli pubblici è un giochino pericoloso che può diventare mortale oltre che un reato. Eppure abbiamo visto come è finita con Tiziana, infamata anche dopo morta.
Lo abbiamo spiegato in mille modi che il bullismo è un gioco infame. Eppure c’è chi continua a fare il bulletto salvo poi magari tentare il suicidio quando finisce agli arresti domiciliari. I grandi dovrebbero capire che fare figli non è né un obbligo né un piacere. Ma un grosso sacrificio e un impegno che non si può demandare agli altri né surrogarlo con tv, regali e playstation. Se ci riuscissero forse la vita comincerebbe a vedersi riconosciuto il giusto valore.

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