Giornalista e scrittore
 

L’Italia cola a picco e ci raccontano le favole

L’Italia cola a picco e i politicanti ci raccontano favole nascondendoci la possibilità di uscire dall’euro

L’Italia cola a picco e i politicanti ci raccontano favole

Quello che non sapremo mai finché di Letta&company leggeremo e ascolteremo solo sui media di regime. Perché questi politicanti, complici i media, ci raccontano le favole mentre l’Italia cola a picco. Sarebbe anche evidente se avessimo voglia e coraggio di guardarci intorno e, soprattutto, di resistere al pensiero unico massificato. E ci nascondono studi seri che parlano della possibilità per l’Italia di uscire dall’euro senza contraccolpi.

La recessione si è appiattita, e questo è tutto“, dice Antonio Guglielmi di Mediobanca . “Il rapporto tra debito pubblico e PIL è aumentato di 15 punti percentuali [ al 133pc ] nel corso degli ultimi 15 mesi, perché non c’è crescita. E’ tutto a causa degli effetti dell’austerità e del moltiplicatore fiscale. Stiamo facendo lo stesso errore che hanno fatto in Grecia.”
Guglielmi ha detto che il governo ha previsto per il prossimo anno una crescita dell’1% , passando dall’ 1.7pc all’1.8pc all’1.9pc e così via. E’ una finzione. ( Citigroup ha detto che la crescita sarà più vicino allo zero sino al 2017) . “A mala pena siamo cresciuti dell’1% all’anno durante i migliori anni del boom globale. Come faremo a farlo ora in tempi molto più difficili?
Il prof. Giuseppe Ragusa della Luiss Guido Carli di Roma ha detto che il governo si sta arrampicando sugli specchi, sperando che la ripresa mondiale riuscirà in qualche modo a portare l’Italia fuori dal guado. “Loro non stanno facendo nulla. La politica è completamente passiva, non funzionerà, perché siamo in una trappola del debito, ed a differenza della Spagna abbiamo continuato a perdere competitività nei confronti della Germania negli ultimi tre o quattro anni.
Il prof. Ragusa calcola che il debito aumenterà ogni anno di un 5% del PIL, anche se la crescita tornasse ai livelli pre-crisi di circa lo 0.6%. Questo farebbe crescere in maniera esponenziale il rapporto debito Pil fino a quasi il 150%, al di là del punto di non ritorno per un paese senza moneta sovrana.
Ragusa ha detto che le politiche di salvataggio della Banca centrale europea hanno indotto il Tesoro italiano a prendere in prestito su scadenze brevi, dal momento che il sostegno BCE copre solo il debito fino a tre anni. Questo ha ridotto la durata media del debito da 7,6 a 6,4 anni, con un maggior rischio di crollo. “Temo che i nodi verranno al pettine entro il primo trimestre del prossimo anno” ha detto.
Mediobanca è la seconda più grande banca italiana. Non chiede un ritiro dall’UEM e un ritorno alla lira, accettando stoicamente la disciplina come l’unica strada percorribile. Eppure la logica del suo capolavoro è che l’Italia starebbe molto meglio fuori dall’UEM, e la minaccia implicita è che l’Italia dovrà farlo se le potenze creditrici del nord (leggi Germania) persistono nel loro regime distruttivo.
L’Italia non è un caso disperato. La sua posizione patrimoniale netta sull’estero è – 30% del PIL, rispetto al – 92% per la Spagna , e – 100% per il Portogallo. Ha un debito ipotecario molto basso. La ricchezza mediana degli italiani è di € 173.500, che li rende quattro volte più ricchi dei tedeschi, a 51.400 €.
L’Italia è il più virtuoso dei grandi Stati UEM, con un avanzo primario di 2.5% del PIL. Questo naturalmente significa che può lasciare l’euro quando vuole, senza incorrere in una crisi di finanziamento, ed è abbastanza grande da superare lo shock.
Alla fine, tutto si riduce agli umori del paese. C’è stato un tempo in cui in Italia la causa dell’Europa era indiscussa, ma la lunga crisi ha avuto un prezzo. Un sondaggio Ipsos questa settimana ha rilevato che un record del 74% di italiani sono insoddisfatti dell’euro. Ormai si tratta di un matrimonio senza amore. Un altro battibecco con Berlino, e diventerà un aspro conflitto.
I leader europei possono arrestare il deterioramento del paese in qualsiasi momento, intraprendendo una strategia di reflazione che cambierebbe completamente i contorni della crisi e metterebbe in salvo il sud. Ma se non lo fanno – e non vi è alcun segno, ancora – gli italiani saranno costretti a riprendere in mano il proprio destino nazionale.

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