Giornalista e scrittore
 

Se la stessa magistratura strapazza la legalità

Se la stessa magistratura strapazza la legalità non c’è giustizia ma c’è la casta di chi è al di sopra della legge

Se la stessa magistratura strapazza la legalità non c'è giustiziaSe la stessa magistratura strapazza la legalità non c’è giustizia ma la dimostrazione che qualcosa non va per il verso giusto. Vuol dire che esiste una sorta di sacca nella quale il diritto viene meno e domina l’illegalità che salvaguarda chi in quella sacca vive e opera. Giudici e e magistrati decidono le nostri sorti e fissano i parametri entro i quali dobbiamo muoverci. Gestiscono di fatto la vita del paese e non pagano alcun dazio. Sbagliano (spesso) essendo comuni mortali, ma al contrario dei comuni mortali non pagano di tasca propria per gli errori commessi.

Sono e si comportano come tutti, nel bene e nel male. Ci sono le persone perbene e quelle che non lo sono. C’è chi li considera un baluardo di giustizia fino a trasformarli in veri e propri santuari di santità. In realtà, l’unica differenza tra loro e ciò che li circonda è la consapevolezza di essere al di sopra della legge. Sostengono di difenderla presentandosi come veri e propri avamposti della legalità, ma spesso non la riconoscono alle vittime se, come spesso accade, la stessa magistratura strapazza la legalità.
La magistratura è di fatto l’unica vera casta di questo Paese. L’intoccabile essenza di ciò che viene lautamente pagato con soldi pubblici e non funziona e non solo per colpa di leggi o norme. A rendere evidente ciò che la massa finge di non vedere è un’intercettazione del parlamentare di Area Popolare, Antonio Marotta. L’uomo conosce bene il Csm essendoci già stato. “Devono passare i quattro anni, perché sennò non ci posso tornare, no? Se potevo rimanere lì me ne fottevo di venire a fare il deputato a perdere tempo qua, che cazzo me ne sfottevo. Stavo tanto bene là, il potere là è immenso, là è potere pieno, non so se rendo l’idea. Ci sono interessi, sono grossi interessi non avete proprio idea”. C’erano Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, ma c’è anche il consigliere togato Lucio Aschettino, presidente della quinta sezione del Csm. Si dice che abbia a carico una denuncia per simulazione di reato alla procura di Perugia.
Colleghi che giudicano colleghi. Che debbono giudicare il presidente della “commissione che decide gli incarichi direttivi” come ha spiegato la collega Clementina Forleo. Per nascondere un messaggio di Whatsapp scritto a un’amica, ma inviato per errore alla moglie, Aschettino avrebbe pensato bene di simulare un furto o l’accesso non autorizzato al suo cellulare. E ha presentato un’apposita denuncia ai carabinieri che avrebbero accertato l’inesistenza della violazione e quindi segnalato la simulazione di reato. Aschettino ha come compagno di viaggio il magistrato Giuseppe Caracciolo, in servizio alla Corte di Cassazione, che a Lecce pare che gestisse una casa d’appuntamenti. Secondo l’accusa, il togato affittava una parte della sua casa in piazza Mazzini a delle ragazze romene che pagavano caro l’uso dell’alloggio nel quale ricevevano i propri clienti. E come non ricordare Cecilia Carreri, ex gip del Tribunale di Vicenza. Accusata di fare le gare veliche assentandosi dal proprio posto di lavoro perché in malattia. Malata per fornire giustizia ai cittadini, ma sana per regatare.

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