Il femminicidio di Sara e le donne mamme che educano i figli maschi senza spiegare il rispetto per la metà del cielo
Il femminicidio di Sara e le donne mamme sono a mio avviso due cose molto correlate tra loro. Perché sono proprio le mamme in quanto donne che dovrebbero insegnare ai figli maschi il rispetto per l’altra metà del cielo dando così un freno ai femminicidi. L’ennesimo femminicidio si è consumato l’altra notte alla Magliana a Roma. Lì Vincenzo Paduano ha ucciso la ex fidanzata 22enne, Sara Di Pietrantonio, e le ha dato fuoco.
Qualche giorno fa in Brasile una adolescente è stata violentata da 33 uomini. Non l’hanno ammazzata, ma le lacerazioni che ha subito nell’animo probabilmente sono peggiori e ci dovrà fare i conti per tutta a vita. Le femministe sono scese in piazza per ricordare ai maschi che debbono rispettare l’utero dal quale sono usciti. E fanno bene dato che repetita iuvant.
Io, però, continuo a chiedermi cosa facciano le famiglie. Perché è dai genitori che partono i primi germi che poi aiutano a sviluppare gli anticorpi necessari ad affrontare la vita. Certe volte, la storia insegna, si possono mettere tutte le cure e le attenzioni possibili ma spesso i risultati non corrispondono ai frutti sperati. È vero, ma questo dato inconfutabile non va usato come scusa. Ognuno deve mettere del proprio affinché quei frutti arrivino. Pertanto ribadisco un quesito che continuo a pormi da tempo e che ho posto spesso anche in dibattiti pubblici.
Le donne-mamme cosa fanno per evitare il femminicidio? Le donne-mamme spiegano ai loro figli maschi il rispetto per l’altra metà del cielo? Le femministe di cui sopra insegnano ai loro figli maschi a rispettare l’utero da cui sono usciti? Le donne-mamme spiegano ai loro figli maschi che il no di una donna merita lo stesso rispetto riconosciuto ad altri no? Se le donne-mamme, a mio avviso, si limitano solo ad urlare e a manifestare come se non avessero alcun obbligo o dovere preventivo staremo qui a contare tanti altri femminicidi.
Grazie per il suo contributo, Simona Rota. Non riesco a comprendere (ma è sicuramente un mio limite) perché una semplice considerazione venga vista come un dito puntato. Poi proprio da me… Che dire? Lei la pensa in un modo, io in altro, altre donne-madri la pensano come lei e altre ancora come me. Adesso non vorrei che quelle donne-madri che la pensano come me vengano viste come carnefici o succubi o madri-uteropartorienti-di proprietà dell’uomo-padre-padrone incapaci di discernere. Il dibattito è un confronto e non uno scontro in cui qualcuno deve prevalere su un altro o deve convincere l’altro. Lei dice la sua, io la mia, altri la loro. Se saremo capaci di confrontarci e ascoltarci senza aggredirci (come spesso accade) forse troveremo una sintesi che ci potrebbe aiutare a migliorare questo inferno in terra. Come vede, al contrario di lei, non l’ho aggredita. Ho solo detto la mia.
Le donne-mamme forse provano a insegnare il rispetto per le donne, in quanto esseri umani e non in quanto uteri partorienti, ma dall’altro lato i figli hanno esempi maschili che gli insegnano l’opposto e li legittimano. E inoltre, le donne-madri forse sono talmente vittime, a loro volta, di una società machista e patriarcale che quelle stesse prevaricazioni le hanno interiorizzate così profondamente che si riconoscono, ahinoi, nel ruolo di madre-uteropartoriente-di proprietà dell’uomo-padre-padrone (della donna). E ancora una volta, scandalosamente, il dito viene puntato sulle vittime (guarda caso il dito puntato è quello di un uomo). Certo che le famiglie devono dare il proprio contributo nell’educare i figli al rispetto, ma le famiglie non sono composte esclusivamente dalle madri. Come tradizione vuole la vittima è accusata di essere la colpevole. E poi ci stupiamo di quello che ancora accade?