Giacobini e ignavi contro Trump e Putin anche se il rapporto Fbi-Cia-Nsa non prova intromissioni nelle presidenziali Usa
Nonostante non ci siano prove, i giacobini e ignavi da social si stanno scatenando contro Trump e Putin accusandoli di aver manomesso le elezioni Usa. Da mesi, ormai, sentiamo parlare del presunto ruolo di Putin nelle elezioni presidenziali americane neanche fosse una sorta di mantra.
Forse è un goffo tentativo da parte di alcuni benpensanti e dei tanti contagiati dal pensiero unico massificato imperante per lavarsi la coscienza di fronte alle elezioni Usa. Perché non accettano che venga imputato alla democrazia (?) per eccellenza di avere scelto un presidente come Donald Trump. Colui che viene descritto come una specie di mostro da alcuni illuminati. Il catalizzatore del male assoluto che si macchierà di chissà quali nefandezze.
Peccato, però, che tali personaggi dimentichino, o fingano di farlo, le nefandezze a cui siamo stati costretti ad assistere finora per opera dei loro beniamini, presunti incarnatori del bene. Continuo a rileggere i rapporti resi pubblici da Cia, Fbi e Nsa. Ma non trovo niente a parte accuse generiche. Probabilmente, l’ennesimo tentativo di delegittimare chi è stato democraticamente eletto. Sì, perché è bene ricordare che è democrazia anche quando vince le elezioni qualcuno che non ci piace.
Nel rapporto pubblicato sul New York Times, per esempio, si dice che “Mr. Putin had aspired to help President-elect Trump’s election chances. When possible by discrediting Secretary Clinton and publicly contrasting her unfavorably to him”. E che avrebbe “personally ordered an influence campaign in 2016 aimed at the U.S. presidential election,”. Inoltre, avrebbe “denigrated Hillary Clinton to developing a clear preference for President-elect Trump”.
Ma poi loro stessi spiegano: “We did not make an assessment of the impact that Russian activities had on the outcome of the 2016 election”. L’unica cosa che viene detta è che l’intelligence russa avrebbe creato una persona “called Guccifer 2.0 and a website, DCLeaks.com, to release the emails of the Democratic National Committee and of the chairman of the Clinton campaign, John D. Podesta”.
Ossia avrebbe hackerato i database dei democratici pubblicando i loro dispacci imbarazzanti. Diciamo che siamo alle solite. I delinquenti non sono coloro che fanno o dicono le cose o si macchiano di un reato, bensì coloro che li colgono in flagranza rendendo pubbliche le loro malefatte. Se la candidata democratica Clinton o il suo braccio destro Podesta non avessero avuto scheletri nell’armadio forse nessuno li avrebbe messi in imbarazzo davanti all’opinione pubblica.
Occorre ricordare pure che la Clinton usava un account personale di posta anche per la corrispondenza ufficiale. Perché, e c’è da credere ad alcuni rumors, avendo qualcosa da nascondere evidentemente non voleva che quelle comunicazioni venissero tracciate. Ma c’è, altresì, da credere che poi la gente proprio stupida non sia. E sapesse già chi fosse realmente l’ex segretario di Stato e pertanto non l’abbia votata.
Così come trovo disdicevole lo sciocco furore giacobino che si cela dietro l’anonimato di una tastiera che rende leoni anche coloro che sono notoriamente pecore. Ovini piuttosto smarriti che si fanno forza nascondendosi dietro quell’ulteriore coltre difensiva che si chiama pensiero unico massificato.
Furore che non rende libero un artista, di fatto poco coraggioso nel sottostare a certi diktat idioti, di rendere un servizio a chi vuole. Da qui, per esempio, i rifiuti di Bocelli o del Volo di cantare all’insediamento di Trump. O gli attacchi a Dolce e Gabbana per aver ringraziato la first lady in pectore che ha indossato un loro vestito pagato di tasca propria.