Internet e selfpublishing aiutano le librerie a non chiudere e a liberarsi dai diktat delle case editrici tradizionali
Comincio a maturare l’idea che non sia vero che Internet e selfpublishing rappresentino la morte delle librerie. Credo, anzi, che sia esattamente il contrario e quindi Internet e selfpublishing non uccidono ma aiutano le librerie. Non solo a non chiudere ma anche a liberarsi dai diktat mortali delle case editrici tradizionali. Che le librerie chiudano è ormai una triste notizia dei nostri tempi. Ma non può che essere così se a un buon libro si preferiscono i social e se alcuni (forse la maggior parte) non leggono neppure i testi di scuola.
È di questi giorni la notizia della chiusura della libreria Zalib a due passi da piazza Venezia nel cuore di Roma. Una fine contro la quale si stanno dando da fare dei giovani (i ragazzi di via della Gatta) che ai libri riconoscono il giusto valore. A mio avviso, però, chi gestisce una libreria potrebbe metterci qualche attenzione in più per evitare questa deriva. Oggi la rivoluzione di Internet sta gettando le basi per un cambiamento che ha anche i suoi molti aspetti positivi. Nel caso dell’editoria, per esempio, sta togliendo il potere alle case editrici di decidere chi debba essere letto e chi no.
Un processo decisionale che si basa quasi esclusivamente sul clientelismo e sulla conoscenza e non certamente sulla qualità. E vede i lettori come un gregge pronto a sorbirsi tutto ciò che il pastore gli getta in pasto. Internet e al selfpublishing, invece, mettono i lettori al centro della scena e aiutano senza dubbio le librerie a non morire, ma a trovare nuovi mercati di sbocco. Certamente, i lettori non sono più un parco di buoi bensì la reale unità di misura del valore e del talento di chi scrive. Ma soprattutto, grazie ai nuovi mezzi, vengono ulteriormente avvicinati perché è possibile tenere i prezzi bassi dei libri. E in un momento difficile come quello attuale questo aspetto non può passare in secondo piano.
Ovviamente di strada da percorrere ce n’è ancora molta, almeno in Italia. Al contrario in America il selfpublishing è una realtà consolidata che funziona benissimo. In tutto questo ritardo hanno le loro colpe i media che, spesso foraggiati, fingono di non vedere le nuove realtà emergenti. Ma anche gli stessi librai che sottostanno ai diktat delle case editrici spesso pure solo per pigrizia.
Invece nulla impedisce loro di vendere anche i libri degli autori indipendenti o Indie che nulla hanno da invidiare a quelli stampati dagli editori tradizionali. E che magari sono molto ricercati dai lettori. Del resto, indipendente non significa affatto scarsa qualità essendovi dietro un mercato e una struttura che non teme la concorrenza dell’industria tradizionale. Anche un libro indipendente ha il suo codice Isbn, ha un buon grafico che ne crea la copertina, un esperto di editing che ne cura i contenuti, un beta reader che apporta gli ultimi accorgimenti. Di fatto, ha alle spalle un’azienda che si occupa di tutto e quindi anche della distribuzione e di tutti gli aspetti pratici e uno scrittore che nulla ha da invidiare agli altri. Nonostante non gli sia consentito di prendere parte a manifestazioni, premi o concorsi letterari gestiti e blindati dalle case editrici tradizionali.