Giornalista e scrittore
 

#Quellavoltache e la famiglia che non c’è

Quellavoltache e la famiglia che non c’è perché il femminicidio non si combatte con le norme ma insegnando rispetto

Quellavoltache e la famiglia che non c'è più ad insegnare

Quellavoltache e la famiglia che non c’è più con i suoi preziosi insegnamenti. Armi fondamentali per combattere le piaghe dei nostri giorni come stupri, molestie, vessazioni, stalking e femminicidio. Perché, contro gli orrori con i quali ci stiamo tristemente confrontando, le norme non sono sufficienti se manca l’educazione.

In questi giorni, neanche fosse una moda o un rito collettivo, c’è chi racconta ciò che le è capitato tanti anni fa. Ciò che ha subito, che l’ha cambiata, quello che si porta dentro, il peso che la devasta. E di fronte c’è sempre il maschio, il mostro, l’unico (presunto) colpevole di questo obbrobrio. C’è quello che comanda e approfitta del suo ruolo per sodomizzare la donna di turno (vedi il politico o il produttore). Ma c’è anche il nessuno della circostanza che ci mette terribilmente del suo e spesso uccide (ricordiamo Noemi).
Quello che però non leggo in tutti i resoconti che social e media ammanniscono in una sorta di orgia dionisiaca è quel passo in più che potrebbe aiutare a capire. Un necessario approfondimento, pacato e non urlato, che probabilmente in pochi hanno voglia di affrontare. Non solo perché i social spingono alla ricerca della frase ad effetto da concretizzarsi con un like. Ma forse perché se lo facessero c’è da credere che verrebbe meno la facile distinzione tra vittima e carnefice, tra buono e cattivo, tra responsabile e innocente, tra bianco e nero.
Perché nel calderone è più facile nascondersi, è più semplice sfuggire alle proprie responsabilità. Quello che mi chiedo sempre in queste tristi circostanze è perché si dimentica che dietro a quell’uomo, a quel presunto mostro, c’è stato un bambino che aveva dietro una famiglia. Quello che mi chiedo è se il padre e la madre di quel giovane si sono mai cimentati nella difficile arte di spiegargli che non si approfitta del proprio ruolo per stuprare le donne. Che il rifiuto opposto da una ragazza ha lo stesso valore di quello di qualsiasi altra persona. E che le donne non si molestano, non si vessano e non si uccidono sol perché hanno detto no.
Quello che mi chiedo è quante volte tu papà e tu mamma avete trovato il tempo di ripetere al vostro figlio maschio che le femmine non sono una sua proprietà. E che vanno rispettate alla stregua di tutti gli altri esseri umani. Perché finché i genitori non ci metteranno il loro impegno sarà inutile invocare leggi e pene più severe. Non è la norma che aiuta, ma l’educazione.

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