Giornalista e scrittore
 

Se le corna diventano prova di un omicidio

Se le corna diventano prova di un omicidio e l’accusa usa le scappatelle della moglie per far condannare l’imputato

Se le corna diventano prova di un omicidio e nessuno dubita

La giustizia a mio modesto avviso non funziona se le corna diventano la prova di un omicidio così come pare stia avvenendo a Bergamo nel caso Gambirasio. Leggo di un uomo accusato di avere ammazzato una ragazzina. Mandato a processo con soli indizi a carico. Innocente fino a quando un giudice terzo non pronuncerà una condanna.

Poi leggo che durante il processo per omicidio a carico di quell’uomo l’accusa chiede al giudice di acquisire le prove di una presunta infedeltà coniugale della moglie. E, c’era da aspettarselo, leggo di un tentativo di suicidio da parte di quell’uomo che, lo ripeto, è innocente fino a prova contraria.
Non leggo, invece, di alcuna forma di protesta o di indignazione da parte di benpensanti e terzomondisti. Da parte di chi si sciacqua la bocca con le parole solidarietà, antirazzismo, uguaglianza e via discorrendo. Nella mia ignoranza processuale mi chiedo che cosa abbia voluto dimostrare la pubblica accusa chiedendo al giudice di acquisire quelle prove. In fondo, ad una disamina seppur parziale, nulla apporterebbero all’eventuale castello accusatorio.
Tranne che il pm non voglia dimostrare che tra l’essere stato tradito e l’omicidio di una ragazzina non ci sia un collegamento. Se così non fosse, la mia impressione è che l’accusa stia basando questo processo, oltre che sugli indizi, sulla spettacolarizzazione. Oltre che sull’affastellamento di elementi spesso difficilmente conciliabili. La sensazione, limitandosi a guardare da lontano, è che più fango si getta sull’imputato e più chance vi siano che venga condannato. Del resto, la corte vive in quel contesto sociale e non è immune.
Ancora meglio se poi quell’informe olezzo viene corroborato da una cassa di risonanza mediatica. Del resto, l’impressione è che i media siano alquanto appiattiti sulle posizioni della Procura. E in tal modo supportano un lavoro che dovrebbe essere basato esclusivamente su prove che non facciano sorgere il minimo dubbio sulla colpevolezza ai fini di una sentenza di condanna.
Nel frattempo quell’uomo è in custodia cautelare in carcere da oltre un anno. E per quel reato nessun giudice ha ancora sentenziato. Mentre delinquenti peggiori di lui, con prove certe della loro reità, stanno ai domiciliari nelle loro ville magari costruite con proventi illeciti e si godono la vita.

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