Giornalista e scrittore
 

Segreto professionale sulle fonti

Segreto professionale sulle fonti nel saggio Senza Bavaglio che spiega il valore per il giornalismo dell’art. 200 Cpp

Segreto professionale sulle fonti nel saggio Senza Bavaglio

Il segreto professionale sulle fonti ha certamente un valore incommensurabile per fare del buon giornalismo. La bussola è rappresentata dall’articolo 200 del Codice di procedura penale che permette al giornalista di opporre il segreto professionale sulle proprie fonti. Un baluardo fondamentale se il cronista spera di avere notizie di prima mano. Il tutto è ben spiegato nel saggio giuridico Senza Bavaglio che approfondisce l’importante argomento attraverso il lavoro interpretativo di dottrina e giurisprudenza. Grazie all’articolo 200 Cpp, il giornalista può restare muto sui nomi delle persone dalle quali ha avuto notizie di carattere fiduciario nell’esercizio della professione.

Tuttavia il giudice può ordinare al giornalista di indicare colui che gli ha passato le informazioni. Ciò solo se le notizie sono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede. E se la loro veridicità può essere accertata soltanto attraverso l’identificazione della fonte della notizia. C’è, di fatto, aleatorietà, ma un pizzico di coraggio e le necessarie accortezze possono aiutare a superare l’ostacolo. E, comunque, a rendere l’ordine del giudice meno perentorio ci ha pensato la Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo, seppur poco ascoltata dai magistrati.
In tal modo, la Corte ha delimitato in maniera precisa i casi in cui si può ricorrere a tale imposizione dando pienezza al segreto professionale. Lo ha fatto con la sentenza del 27 marzo 1996 che vedeva contrapposti il giornalista inglese William Goodwin e il Regno Unito. Con essa la Corte di Strasburgo ha dato un’interpretazione più precisa dell’articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Convenzione firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata in Italia con la legge 4 agosto 1955 numero 848.
Si tratta di una sentenza della quarta sezione della Corte europea dei diritti dell’uomo del 25 febbraio 2003 (Procedimento numero 51772/99). In essa si afferma che “la libertà d’espressione costituisce uno dei fondamenti essenziali di una società democratica. E le garanzie da concedere alla stampa rivestono un’importanza particolare. La protezione delle fonti giornalistiche è uno dei pilastri della libertà di stampa. L’assenza di una tale protezione potrebbe dissuadere le fonti giornalistiche dall’aiutare la stampa a informare il pubblico su questioni d’interesse generale”.
E aggiunge: “Di conseguenza, la stampa potrebbe essere meno in grado di svolgere il suo ruolo indispensabile di cane da guardia e il suo atteggiamento nel fornire informazioni precise e affidabili potrebbe risultare ridotto… La Corte giudica che delle perquisizioni aventi per oggetto di scoprire la fonte di un giornalista costituiscono – anche se restano senza risultato – un’azione più grave dell’intimazione di divulgare l’identità della fonte”.

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