Una generazione senza amore non perché mostra poco slancio per i migranti bensì perché non pratica più certi valori
Una generazione senza amore si è spinto a scrivere qualcuno commentando la vicenda della nave Ong, SeaWatch. E per tale ragione chiedeva scusa al proprio figlio piccolo a nome di questa generazione a cui appartiene e che a suo dire non saprebbe amare. Una generazione ritenuta incapace di insegnare l’amore per il prossimo e soprattutto per i migranti. Una generazione senza amore che non ama gli altri, che non ama Carola Rackete, che insulta sui social, che è diventata un po’ razzista, un po’ xenofoba e un po’ fascista.
Ci ho riflettuto un po’ e ancora una volta mi è parso di rilevare quell’aura di ipocrisia che avvolge e ammorba il dibattito quando si parla di immigrazione. A mio avviso questa non si può definire una generazione senza amore sol perché dimostrerebbe poco slancio nei confronti dei migranti. Primo perché non è vero; secondo perché non è solo da quello che si può giudicare, al contrario di ciò che pensa qualcuno e in particolare la mamma che chiedeva scusa al proprio figlioletto. L’amore è un concetto molto più complesso e profondo. E si alimenta e si circonda di tutta una serie di valori che al momento non pare rientrino negli insegnamenti che questa generazione dovrebbe inculcare in quella futura.
Più che chiedere scusa, sarebbe opportuno insegnare alle nuove generazioni quei valori dimenticati. Ma per farlo, ovviamente, c’è bisogno di riprendere confidenza con essi, di ricominciare a praticarli. Perché è partendo da quei valori che si impara ad amare chiunque a prescindere dal colore della pelle, dagli orientamenti sessuali, dalle idee e dalla provenienza. Come, per esempio, il rispetto per il prossimo o l’equità sociale. Se l’altro la pensa diversamente non è perché sia un fascista, uno xenofobo o un razzista. Il pensarla diversamente fa parte del fondamentale esercizio di democrazia. Che si chiama anche confronto o dialettica.
Così come sarebbe importante inculcare il rispetto per le donne. Far capire alle nuove generazioni che quando le donne dicono no non vanno uccise o picchiate. E non sono stupide se la pensano diversamente e intelligenti se il loro pensiero collima con quello del loro pigmalione di turno. Così come sarebbe importante spiegare loro che il rispetto della legge è alla base della libertà. Perché sono proprio le norme che impediscono o limitano forme di bullismo da parte di certuni nei confronti di chi, senza la legge, sarebbe costretto a soccombere. O a subire soprusi se decidesse di restare nei meandri della legalità. E poi c’è il rispetto della proprietà altrui. Se tu non vai a rubare è ovvio che non rischi né la galera né che qualcuno esasperato ti spari.
C’è poi l’amore nei confronti dei nostri anziani. Non serve parlare di amore verso i migranti della SeaWatch se poi si abbandonano i propri genitori in un ospizio. È inutile manifestare amore profondo per gli altri (finché non vengono in casa nostra, sia bene inteso) se poi le strutture per anziani sono sempre più piene. Non serve fare i buoni samaritani in favore di telecamere se poi degli operai in cassa integrazione o dei concittadini affamati non ci frega niente.
L’impressione è che questo orgiastico abbandono all’ipocrisia venga alimentato solo per tranquillizzare le nostre cattive coscienze. Proprio come quando si pensa di educare i figli non facendo mancare loro niente di materiale. Senza sapere che il loro reale arricchimento non dipende da soldi o regalie. Ma deriva dal tempo e dalle attenzioni che siamo in grado di offrire loro. Se il problema, come pare è questo, non dobbiamo usare gli altri per psicanalizzarci gratuitamente. Per questo servono sedute private. O almeno occorrerebbe trovare il coraggio di guardarci allo specchio senza riflettere sugli altri le nostre manchevolezze.